Alcune storie di caduti della Seconda Guerra Mondiale: dagli internati in Germania, all’Africa settentrionale, ai naufragi nell’Egeo

Esistono vicende particolari che, inquadrate in un contesto storico generale, possono risultare utili a raccontare caratteri ed elementi salienti di periodi, epoche, eventi rilevanti([1]).

La storia della seconda guerra mondiale è vastissima. Raccontarne piccoli episodi, così come emergono dagli archivi, permette di raccordare questa storia globale e ampia alle storie locali. Mentre, anche nel recente passato, tutti avevano occasione di confrontarsi con chi aveva vissuto quel periodo storico, gli studenti di oggi hanno minori opportunità di farlo, correndo il rischio di dissipare il valore di alcuni fatti storici considerandoli lontane nozioni. Il raccordo tra la grande storia e le piccole storie, il recuperare il filo che riannoda la storia alle memorie e il collegamento tra eventi generali e vicende di singoli uomini, consente di percepire la portata di quell’evento mondiale attraverso i suoi effetti anche nei luoghi in cui si vive, sottolineando l’efferatezza della guerra, esaltando l’importanza della “conquista” della democrazia e la necessità di difendere alcuni valori. In ultimo, percependo l’importanza della storia.

Battaglia di El Alamein
La guerra mondiale del ’39 – ’45 è stata per tutta la seconda metà del secolo scorso e per gran parte del XXI secolo, un evento la cui memoria ha goduto della viva voce di chi vi ha preso parte, ponendo il problema del raffronto tra storia e memoria. Oggi, iniziano ad essere sempre meno le persone che possono raccontare direttamente quegli eventi, ponendo un nuovo importante obiettivo ai cultori di storia locale, fissare alcune memorie che andrebbero perse per sempre, così da poterle confrontare con la storia o per poterle consegnare ad essa.

Dall’Archivio Storico del Comune di Moliterno([2]) emergono alcuni documenti inerenti le storie di cittadini del paese lucano morti in guerra. Alla fine degli eventi bellici, istituzioni civili, militari e religiose, si attivarono alacremente per il recupero di informazioni sui dispersi, per avere notizie sui caduti e le loro sepolture. Ulteriore documentazione era stata prodotta per garantire sussidi e pensioni ai congiunti dei militari caduti in guerra. Interessante in tutti gli archivi italiani la ingente mole di documenti relativa alle pratiche di Presenti alle Bandiere (R.D. 121 del 15 marzo 1943: I militari e militarizzati deceduti o dichiarati irreperibili nella condizione di prigionieri o internati di guerra sono considerati "presenti alle bandiere" , ossia in forza per i dodici mesi seguenti la dichiarazione della morte o della scomparsa).

La seconda guerra mondiale scoppia in una Europa ancora traumatizzata dai milioni di morti della prima guerra mondiale. Una premessa che vale quasi come il dire che una guerra può scoppiare anche quando nessuno la vuole. È il 1938 quando Hitler annette l’Austria alla Germania. L’Anschluss avviene senza reazioni degli stati europei, anzi, dopo qualche mese con la Conferenza di Monaco (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna) viene concessa a Hitler la facoltà di annettere i Sudeti. Nel 1939 la Germania invade la Cecoslovacchia. Francia e Inghilterra non dicono nulla. Hitler prende atto, mentre in una Europa pavida riecheggia (sarebbe utile chiarire quale peso ebbero davvero queste parole in quegli anni) la frase ormai celebre di Wiston Churchill: Potevano scegliere tra il disonore e la guerra, hanno scelto il disonore, avranno la guerra.

1 settembre 1939, Hitler invade la Polonia.

3 settembre 1939, Francia e Inghilterra dichiarano guerra alla Germaia. Hanno finalmente compreso che Hitler non si fermerà.

10 giugno 1940, Mussolini che aveva mantenuto l’Italia neutrale, dichiara : Mi serve un pungo di morti per sedermi al tavolo delle trattative. È l’ora delle decisioni irrevocabili.

L’Italia impegna truppe nei Balcani e in Africa Orientale ottenendo forti insuccessi.

Mi serve un pugno di morti. In guerra, le frasi dei grandi della storia e i loro insuccessi, hanno la voce di pubblici ufficiali che bussano alla porta di povere mamme in lacrime, di mogli che diventano vedove, figli che divengono orfani. Sono semplici telegrammi sbiaditi dal tempo.

Comando Distretto Militare di Potenza. Ufficio Comando.

Potenza, 13 giugno 1944

OGGETTO: soldato Venezia Onofrio classe 1915 – appartenente al 631° Ospedale da campo, deceduto in combattimento in Montenegro.

Al Sindaco di Moliterno

Dovendo aderire ad urgente richieste del Ministero della Guerra, prego la cortesia di V.S. volermi assicurare di aver comunicato ai famigliari del militare in oggetto l’avvenuto decesso. (…)

 Freddi telegrammi, milioni di telegrammi. Ben oltre quelli che si tengono in un pugno.

Nel 1941 parte “l’operazione Barbarossa”. Abbandonato il proposito di invadere la Gran Bretagna (dove nel frattempo il primo ministro è Churchill), Hitler decide che è tempo di conquistare lo spazio vitale della Germania puntando sull’Unione Sovietica. Non dichiara guerra ma parte alla conquista del più vasto paese del mondo. Ci aveva provato Napoleone e non era finita bene, qualcuno pensa che Hitler può farcela, nonostante la guerra lampo è ormai solo un fallimento. Alla spedizione si uniscono le forze italiane. Prima il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) poi inglobato dal 1942 nell’ARMIR: una intera Amata Italiana in Russia. 230.000 italiani impegnati sul fronte orientale.

L’avanzata tedesca viene fermata dalla resistenza dell’Armata Rossa e dal terribile inverno russo. Nel febbraio 1943 si combatte la battaglia di Stalingrado, i sovietici difendono strenuamente la città con l’aiuto dei civili russi, riuscendo poi ad accerchiare i tedeschi e gli italiani costretti ad una drammatica ritirata.

L’Armir conterà 89.799 morti e dispersi; 35.133 feriti e congelati. Dai campi di concentramento sovietici torneranno in patria solo 10.030 soldati.

Nell’annunciare l’attacco alla Russia, Hitler rivolgendosi al popolo tedesco il 22 giugno 1941, si definisce coscienzioso responsabile rappresentante della civiltà e della cultura europea.

Nei nostri paesi, imbevuti di cultura europea (forse inconsciamente), da quel fronte lontano arrivano notizie più gelide del ghiaccio russo:

 

Giuseppe Pecora di Giovanni e di Tedesco Giuseppina, nato a Moliterno (Pz) il 2 novembre 1921. Sergente del nono battagliane Misto Genio. Giunge con l’ARMIR sul fronte di Stalingrado. Partecipa ai combattimenti. Disperso in combattimento il 7 gennaio 1943. Mai più ritrovato.

Intanto, il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca la base statunitense di Pearl Harbor, gli USA dichiarano guerra a Giappone, Germania e Italia.

Nel 1942 le potenze dell’Asse ricevono le prime grandi sconfitte in Africa. Ad El Alamein gli angloamericani distruggono le forze italo tedesche.

Dalla viva voce di Michele Scannone, cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, deceduto all’età di 102 anni, abbiamo potuto conoscere alcuni particolari di quelle dure battaglie nel nord-Africa. Si dormiva scavando buche nella sabbia, patendo il caldo torrido durante il giorno e il vento la sera. Si moriva di dissenteria e si pregava per un bicchier d’acqua. Michele Scannone, nato il 28 luglio 1921 a Moliterno, partì a 19 anni, alla fine del 1940 come fante del Regio Esercito. Inviato nel 1942 in Nord Africa partecipa alla battaglia di Alessandria d’Egitto ed alla ritirata in territorio tunisino. Nel corso dell’operazione Pugilist, lanciata dal Generale Montgomery nel marzo del 1943, venne fatto prigioniero e trasferito negli USA nel Nebraska, dove svolse prevalentemente lavoro nei campi. Dopo aver patito la prigionia, tornò a Moliterno nel 1946.

Il cavaliere Scannone, raccontava di essere stato prigioniero degli inglesi e impiegato come addetto al trasporto delle munizioni e al recupero dei morti dopo le battaglie, egli aggiungeva a questo ricordo:

recuperavamo i morti, o meglio, ciò che restava dei corpi.

Il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcano in Sicilia. Il 25 luglio 1943 cade il fascismo. L’8 settembre del ’43 viene firmato l’Armistizio di Cassibile. L’Italia di Badoglio passa con le forze alleate.

Vittorio Emanuele III con la sua famiglia, Badoglio e tutto il governo abbandonano Roma occupata dai tedeschi e si spostano a Brindisi.

L’esercito è allo sbando, non vengono dati ordini, molti soldati abbandonano le caserme, le truppe italiane che si trovano in Grecia a fianco di quelle tedesche vengono aggredite dai tedeschi : i soldati italiani vengono disarmati, uccisi o deportati in Germania. Beppe Fenoglio, in ‘Primavera di bellezza’, sintetizza magistralmente quei mesi, in pochissime frasi:

E poi nemmeno l’ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall’altro, o contrario. Resistere ai tedeschi - non sparare sui tedeschi - non lasciarsi disarmare dai tedeschi - uccidere i tedeschi - autodisarmarsi - non cedere le armi.

 

Valinoti Giovanni nato nel 1920 a Moliterno (Pz), militare. Subito reclutato per la guerra viene inviato in Jugoslavia. Fu fatto prigioniero dai Tedeschi dopo l’armistizio e inviato in un campo di concentramento in Germania. Riuscì a fuggire e a raggiungere a piedi la Francia dove si unì alle truppe della resistenza combattendo come partigiano. Alla fine della guerra tornò a casa a Moliterno.

Giovanni Valinoti, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, non ha mai voluto raccontare i particolari di ciò che aveva vissuto, troppo dolore.

 

Ministero Assistenza Post Bellica –

Ufficio Staccato Alta Italia –

Ufficio informazioni Milano

Cartella clinica Registro ammalati n°468

Diagnosi: TBC ghiandolare –cachessia

Deceduto 4.1.1945 alle ore 7,40 per collasso cardiaco.

f.to Capitano Med. Alberti Giovanni

Cognome: Lagrutta

Nome: Angelo

Grado: soldato

Reparto: 43° regg.to Fanteria

Matricola IMI : 63338 VI C

Data di nascita: 8.6.1924

Luogo di nascita: Moliterno

Provincia: Potenza

Religione: Cattolica

Professione: Contadino

Entrato il 15.11.44 proveniente da 3 KP. Stalag VI

Indirizzo del parente più prossimo: Lagrutta Teresa – Via San Rocco, Moliterno (Potenza)

(…)

Trasferito da Fullen in questo campo e messo nella baracca riposo [illegibile]

Soggetto in scadentissime condizione di nutrizione e sanguificazione.

App. polmonari N.N. Cuore: tachicardiaci, toni netti Collo: facchi ghiandolari ad ambo i lati del collo.

13\12\44 App. polm.respiro granuloso in tutto l’ambito polomnare post. Anteriormente rantoli emitorace destro

26\12\44 Ghiandole paracervicali notevolmente aumentate di volume. Da un giorno edema di alto grado a tutto l’arto inferiore. Condizioni gravissime. Perde feci ed urina.

30\12\44 Condizioni immutate. Polso piccolo rara.

2\1\1945 Immutato. Cachessia portata al massimo. Scomparsa della temperatura. Polso 90°.

4\1\45 Decede stamane alle ore 7,40 in seguito a collasso cardiaco. (…)

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Furstnewalde Spree (Germania) 22/6/1945

Il giorno 20 giugno 1945 verso le ore 15 è morto per annegamento il soldato italiano ex prigioniero D’Alessandro Francesco di Pietro e Scarpetta Margherita, nato il 24 gennaio 1907 a Moliterno (Potenza).

Il D’Alessandro in detto giorno erasi recato assieme ad alcuni compagni a bagnarsi in un lago vicino a Furstnewalde.

Da quando riferiscono i testimoni oculari, il suddetto, il quale sapeva pochissimo nuotare, fu visto scomparire nelle acque del lago in un posto, dove poi risultò da ricerche e scandagli fatti, esservi una fossa molto profonda.

I presenti al fatto, tra i quali alcuni soldati dell’Armata Russa subito accorsi, tentarono con tutti i mezzi di portargli soccorso e poi di ritirare il suo corpo dalle acque.

Le ricerche fatte con ramponi e reti a strascico fino ad oggi sono state infruttuose; la salma è rimasta introvabile.

F.to Cap. Santin Antonio. Comandante del Cmpo It. N.N. di Furstnewalde.

Testimoni oculari: Azzi Azzo, Via Trento n. 5 Grosseto – firmato

Amico Nicola, Grotte (Messina) – firmato.

Il portafoglio contenente documenti, foto, carte varie e 278 marchi unitamente a una copia del presente verbale è stato consegnato ad Esposito Aniello di Antonio abitante a Siano (Salerno) Via Garibaldi, il quale si impegna a consegnarlo alla famiglia.

 

Furstnewalde Spree (Germania) 24/6/1945

Il giorno 23/6/1945 è stata recuperata la salma. Il giorno stesso si è proceduto alla tumulazione nel cimitero di Keischendorf (Furstnewalde). Ubicazione della fossa: Viale alberato – I° strada a destra – III° Campo a destra – II fila. – IV tomba.

Firmato Capitano Santin Antonio Via Carducci 12 – Rovigno d’Istria (Pola).

 

17/7/1945

Per ordine del Borgmaester il custode del Cimitero ha trasferito la salma in un’altra tomba in un campo dove si trovano solo salme di stranieri – 2° fila – I tomba. È stata posta una croce in ferro con i dati in placca di ottone.

Capitano Santin Antonio.

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Siano, li 15 settembre 1945

Al Signor Sindaco

Del Comune di Moliterno (Pz)

Vi prego di voler comunicare alla famiglia del soldato D’Alessandro Francesco di Pietro che egli, il giorno 20 giugno 1945, decedeva annegato e che dopo molte ricerche la sua salma fu trovata.

Posso assicurarvi che il Cappellano Militare celebrò un solenne funerale di suffragio ed ebbe cura di seppellirlo con ogni diligenza.

Io sono un suo amico di prigionia e con lui ho trascorso tutto il tempo in Germania.

Ho raccolto i documenti che Vi trasmetto ed ho conservato il suo portafoglio contenente carte varie, alcune fotografie e 278 marchi tedeschi; in seguito spedirò tutto alla moglie.

Con infiniti ringraziamenti e Vi prego di voler porgere le mie sentite condoglianze alla famiglia, a cui direte che sono rimpatriato il giorno 2 settembre corrente.

Con animo riconoscente

Caporal Maggiore Esposito Aniello di Antonio Corso Garibaldi, 51 Siano (Salerno).

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Croce Rossa Italiana

Ufficio Prigionieri, ricerche e servizi connessi

Roma, 14 dicembre 1946

Oggetto: Militare Metelli Domenico

Al Sindaco del Comune di Moliterno – Potenza –

Siamo dolenti di dover partecipare che il militare Metelli Domenico – Matr. 87941/VIC. Nato a Moliterno 1.10.1919, è deceduto il 19.6.44 a Hattingen (Germania) per polmonite- Sepolto il 21.6.44 Cimitero comunale di Welper tomba n.14 – fila 2 -. (…)

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Ministero Assistenza postbellica

Ufficio staccato Alta Italia

Ufficio Informazioni

Al Sindaco del Comune di Moliterno – Potenza –

Oggetto: Decesso ex internato.

Sold. Tempone Valentino di Pietro. N. a Moliterno il 29/7/1921

Da un elenco proveniente dall’Ospedale per prigionieri italiani di Zeithain, risulta che l’ex internato segnato in oggetto è deceduto il giorno 2/8/44 alle ore 3.05 nell’Ospedale stesso. La sua Salma fu sepolta, con gli onori religiosi e militari nel Cimitero Italiano di Zeithain, alla tomba n. 308.

Alleghiamo alla presente la pianta del cimitero italiano di Zeithain, con l’indicazione numerica della fossa dove è sepolta la Salma dell’ex internato.

Preghiamo la cortesia della S.V. di voler disporre siano date le informazioni ai congiunti dell’ex internato e all’Ufficio Leva per le pratiche assistenziali che ne competono.

Nel contempo La preghiamo di farsi interprete delle nostre espressioni di profondo cordoglio e di avvertire i famigliari che essi potranno rivolgersi, per eventuali maggiori informazioni, al Cappellano Militare Padre Luca Ajroildi (Varese, Via Crispi) che ha assistito l’ex deportato segnato in oggetto durante l’obitus.

(…) Il dirigente Ufficio Informazioni prof. Angelo Restelli ([3])

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L’Italia e il suo sogno fascista di grandezza si ritrovò vittima dell’alleato principale, quello creduto invincibile, la Germania del Fuhrer. Molti credettero in quel sogno in buona fede. In Africa, come nei Balcani, fu solo un sogno finito in massacro o una follia di potere finita come terminano le follie del potere.

Il fronte dei Balcani vide orrori ancora poco raccontati. Tante famiglie non ebbero neanche una tomba dove piangere i propri cari.

 Il giorno 4 febbraio 1944, presso la Baia di Souda (Creta – Grecia - Mar Egeo) furono imbarcati nel piroscafo “Petrella” oltre 3100 soldati italiani prigionieri dei Tedeschi. Il “Petrella” era una nave inizialmente francese (ex “Aveyron”), acquistata dall’Italia e poi caduta in mani tedesche.

I 3100 prigionieri italiani erano colpevoli solo di una cosa: di aver tenuto fede a quel giuramento che tanto onora, ovvero al giuramento militare di fedeltà alla Patria ed al Re d’Italia!!!

Furono imbarcati il 4 febbraio in questa nave, che non era adibita al trasporto di esseri umani, in quanto era una carboniera! Avevano già sulle spalle una lunga esperienza di guerra senza mai un giorno di licenza: chi da due anni, chi da tre e chi persino da quattro anni!!! Erano già stati catturati ed imprigionati in diversi campi sparsi in tutta la Grecia o nel Dodecaneso. Avevano già l’esperienza della fame e di tanti, tantissimi stenti.

Tutti loro erano stati imprigionati per le più disparate ragioni: ad esempio, mio zio Renato Carrozza si era rifiutato di collaborare coi Tedeschi dopo l’8 settembre 1943, in quanto non volle insegnare loro né a produrre né ad usare le armi chimiche che produceva. Per questo motivo fu imprigionato prima a Lindo (Isola di Rodi), poi a Massari (Isola di Rodi), Scarpanto e nel campo “Mastambà”, nei pressi di Iraklion (Isola di Creta). Ma il peggio doveva ancora venire…

I più “fortunati” furono imbarcati con un quarto di litro di acqua e ciò che restava della pagnotta loro assegnata giorni prima. Furono ammassati nelle stive. Il “Petrella” era diretto al Pireo e, da lì, la destinazione dei prigionieri italiani era la prigionia nei campi di concentramento in Polonia o Germania.

Per quattro giorni il “Petrella” non riuscì a partire, perché il Mar Egeo era letteralmente “infestato” di sottomarini inglesi. I soldati italiani, in questi maledetti quattro giorni, erano talmente stipati che non riuscivano nemmeno a muoversi: rimasero senza acqua, senza cibo e molti di loro morirono per le esalazioni delle urine e delle feci!!!

Infine, arrivò l’8 febbraio. Il “Petrella” salpò la mattina verso le ore 7:30 a.m./8:00 a.m. dalla Baia di Souda, ma dovette far ritorno infinite volte per evitare i sottomarini inglesi. Verso le ore 11:20 a.m. circa, riuscì a giungere ad un miglio circa al largo della Baia di Souda, ma emerse il sommergibile inglese “Sportsman”, che lanciò due siluri e colpì il “Petrella”, sebbene nei suoi fianchi fosse scritto ben in evidenza POW, ovvero “Prisoners Of War”!!! Lo “Sportsman” era agli ordini del Comandante Richard Gatehouse.

Miracolosamente il “Petrella” non affondò; rimase a galla e tutti i soldati si sarebbero potuti salvare, ma… Non appena i prigionieri italiani tentarono di uscire, presi dal panico, dalle stive, dove erano stati rinchiusi, i soldati tedeschi spezzarono loro le ossa coi i colpi dei calci di fucile!!!! La massa umana era enorme, quindi in tal modo non riuscirono a contenerli, per cui cominciarono a mitragliarli. Ma nemmeno in tal modo la gigantesca quantità di soldati poteva essere frenata, quindi i Tedeschi cominciarono a lanciare contro gli Italiani bombe a mano e la strage ed il massacro furono orribili!!!

Va sottolineato che ai prigionieri italiani (gli IMI, Internati Militari Italiani!!!) non erano stati consegnati i giubbotti di salvataggio. Infatti, gli IMI non erano considerati né trattati alla stessa stregua dei prigionieri di guerra. Gli IMI non avevano nemmeno il diritto di essere soccorsi dalla Croce Rossa, così come era sancito dal trattato di Ginevra del 1929!!! Gli IMI dovevano solo morire!!!

Il sommergibile “Sportsman” riemerse, lanciò altri siluri e stavolta colpì le caldaie del “Petrella”, che esplose, spezzandosi in due tronconi. Si inabissò nel giro di pochi istanti. Le motovedette tedesche, che scortavano il “Petrella”, si allontanarono in tutta fretta per evitare il risucchio. Dopo che il “Petrella” si era inabissato, tornarono indietro sia le motovedette che altre imbarcazioni tedesche e greche. Quelle greche soccorsero i pochi Italiani, che erano rimasti in acqua, ma non fecero lo stesso i Tedeschi. Questi ultimi, infatti, mitragliarono tutti gli Italiani rimasti a galla!!!

In pochissimi si salvarono: di oltre 3100 prigionieri italiani solo circa 424 sopravvissero!!!

Mio zio Renato Carrozza rimase a giacere in fondo al Mar Egeo insieme ad almeno altri 2669 giovani!!! Io ho conosciuto Leontino Barlocco di Bormida (Savona), che fu tra i pochissimi a sopravvivere miracolosamente e mi ha raccontato tutto. Ho svolto tante ricerche, che confermano questa versione. Ora anche il carissimo Leontino è andato a trovare i suoi compagni del “Petrella” l’8 marzo 2019.

La tragedia del “Petrella” è la seconda più grande e grave di tutta la storia del Mar Mediterraneo. Il 12 febbraio 1944, ovvero quattro giorni dopo, fu la volta del naufragio del piroscafo “Oria, che con i suoi 4050 (quattromilacinquanta!!!) morti ( bisogna sottolineare che furono almeno 4050, perché questa è la cifra che si conosce, ma non si può escludere che fossero ancor di più!!!) rappresenta la tragedia più grande in assoluto di tutta la storia del Mar Mediterraneo.

Ricordiamoci tutti che tutto questo è accaduto veramente!!! ([4])

 

Parrocchia di Moliterno

Ill.mo Sig. Sindaco di Moliterno

Comunico a V.S. che in data 28-11-1944 mi perveniva una lettera del Cappellano Militare P. Bassi Raffaele del 536° Ospedale Militare in Grecia, da Atene, Ottobre 1944, nel tenore seguente:

“Sono il cappellano militare P. Bassi Raffaele del 536 Ospedale Militare Italiano, in Grecia.

Vengo a voi per una triste segnalazione d’ufficio nostro, nella supposizione che non sappiate ancora nulla del decesso di un vostro parrocchiano concittadino, avvenuto nella giornata dell’8 febbraio 1944, al largo del Capo Spada (Creta), in seguito all’affondamento della Nave Petrella.

Infatti, nell’elenco dei militari italiani, non ancora ritornati alla base, risulta pure il nome di un vostro soldato:

Matteo Saverio della classe 1921, già del 341 Reggimento Fanteria, II Battaglione da Moliterno di Potenza. Deceduto in seguito all’affondamento della Nave Petrella al Capo Spada (Creta) l’8 febbraio 1944.

Ripeto che, nel caso in cui la famiglia del detto militare, non avesse peranco avute sue notizie… è da ritenersi vera la deposizione di soldati, suoi compagni (scampati miracolosamente dalla catastrofe) i quali hanno testimoniato, davanti a me, della sua morte, per annegamento nel mare di Creta.

Voi quindi, avrete la carità di fare questa comunicazione, invitando l’intera famiglia alla preghiera. E non soltanto per suffragare l’anima del loro caro, che attende… ma ben anche a conforto del cuore, così duramente provato.

Intanto, sicuro di tutta la vostra comprensione, vi ringrazio e vi saluto, dandovi il mio indirizzo: Cappellano Militare P. Bassi Raffaele del Convento Santuario S. Antonio di Bologna.

p.s. teste che ha deposto nei riguardi del decesso del vostro caro, è il soldato Piccolo Fiore da Moliterno di Potenza, compagno d’armi e amico di Saverio.

Moliterno 2 dicembre 1944

Mons. Fedele Perfetti Parroco di Moliterno.

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Il piroscafo Oria salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi per il Pireo, con a bordo più di 4200 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire alla Repubblica Sociale Italiana dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, per essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich. L’indomani, il 12 febbraio 1944, colto da una tempesta, il piroscafo affondò a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos, sulla costa dell’Attica. I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 soldati italiani.

I cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri non sono mai stati recuperati.

Si tratta del peggiore disastro navale mai registrato nel Mar Mediterraneo.([5]).

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Segreteria di Stato di Sua Santità                                                       Dal Vaticano, li 15 giugno 1946

 

L’ufficio informazioni della Segreteria di Stato di Sua fa sapere al Rev.mo Parroco di Moliterno che ha ricevuto una richiesta di notizie riguardante il militare Cantisani Raffaele, da parte del Signor Albanese Vincenzo per la Signora Forastiere Rosa, costì residente.

Fatti i dovuti controlli, si comunica che da un elenco inviato da Mons. Acciari Arcivescovo di Rodi, risulta che un certo Cantisani Raffaele, soldato, fu deportato da Rodi con una nave che naufragò presso le coste greche in data 11.2.44. Dei 4200 deportati purtroppo solo 30 persone riuscirono a salvarsi, che si suppone ormai ritornate in famiglia.

Si rimette alla prudenza della S.V. Rev.ma, perché voglia considerare che sia il caso di portare a conoscenza degli interessati la suddetta notizia, partecipando in pari tempo, se lo ritiene opportuno, la confortante Benedizione Apostolica.

 

Spesso il peso della Storia lo si percepisce nelle grandi epopee, negli episodi che hanno come protagonisti nomi famosi, nelle date simboliche, nei grandi numeri. Ma, i grandi numeri “spersonificano” (naturalmente) la storia; le singole storie, invece, la riavvicinano alla memoria, assumendo il merito di un coinvolgimento utile anche per chi rischia di non percepirne l’importanza.   

Antonio Rubino

Articolo pubblicato su IVL 24


[1] Questo articolo rappresenta una prima ‘contestualizzazione’ di notizie emerse dall’Archivio Storico Comunale di Moliterno, nell’ambito di un progetto di valorizzazione della storia dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di un primo passo per aprire nuovi approfondimenti e ricerche, nonché ulteriori iniziative di valorizzazione e promozione della memoria storica. Il presente contributo non presenta un apparato adeguato di note bibliografiche, in quanto ha scopo divulgativo.

[2] Tutti i documenti citati sono nella Sezione II dell’Archivio Storico del Comune di Moliterno, busta n.222 f.11.

[3] La salma del soldato Tempone Valentino fu riportata nel Cimitero Comunale di Moliterno nel 1992, restituzione resa possibile dalla nuova collaborazione tra gli Stati Europei dopo la caduta del Muro di Berlino .

[4] Testo di Fabio Capitanucci da Perugia, dal sito internet dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci www.combattentiereduci.it. Sugli IMI (internati militari italiani) è possibile confrontare una vasta bibliografia facilmente reperibile in rete, si consiglia: S. Frontera, I militari italiani negli Oflag e negli Stalag del Terzo Reich: <https://alboimicaduti.it/files/storia_imi.pdf> . Prezioso e di grande interesse il progetto “Albo IMI caduti” sul sito www.alboimicaduti.it banca dati on-line in cui sono inseriti, in ordine sistematico, elementi anagrafici e biografici degli internati militari italiani che hanno perso la vita nei lager del Terzo Reich tra il 1943 e il 1945.

[5] Dal sito dell’Ambasciata Italiana ad Atene. La rete dei familiari dispersi nel naufragio, nata spontaneamente in internet, si sta adoperando per portare all’attenzione generale la vicenda dell’Oria e dei 4200 caduti, facendosi promotrice di una campagna di ricerca dei vari nominativi, con il fine di provare a ricostruire la storia dei soldati caduti durante il naufragio e di poter ritrovare le famiglie dei militari deceduti. Per maggiori informazioni: www.piroscafooria.it. Sul sito è possibile consultare la lista d’imbarco della nave.

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